13 gennaio 2025. – Un aborto farmacologico al passo coi tempi è possibile, anche nelle Marche. Il reparto di ginecologia e ostetricia dell’Ospedale Mazzoni di Ascoli Piceno, infatti,  ha iniziato a somministrare i farmaci abortivi fino alla nona settimana di gestazione, come previsto dalle Linee di indirizzo ministeriali dal 2020, che fino ad ora non risultano applicate in questa Regione. Lo rende pubblico Pro-choice rete italiana contraccezione aborto su segnalazione di attiviste femministe che hanno verificato il servizio. Lo scorso anno associazioni, collettivi e reti locali hanno promosso l’ennesima serie di azioni volte a superare il vecchio protocollo “sperimentale” in vigore dal 2016 che, limitando l’accesso al metodo farmacologico fino alla settima settimana di gestazione, lo rendeva di fatto indisponibile per una gran quantità di persone, costringendole a migrare nelle regioni limitrofe.

A trainare la protesta per il mancato adeguamento agli indirizzi nazionali e internazionali, fin dal giugno scorso, sono state Aied Ascoli Piceno, l’Associazione ginecologi non obiettori (Laiga), Agite Marche (Associazione ginecologi territoriali, la rete femminista Marche Molto+di194, la stessa Prochoice rica ed altre realtà che si sono aggiunte via via. In Regione c’è stata spesso la presenza vigile dei sindacati Cgil, CISL, UIL e USB Marche; sono state inviate via PEC a oltre 150 comuni in tutta la regione le circa 1.600 firme raccolte dalla società civile con la petizione Chiediamo un aborto moderno nelle Marche, Inoltre, sono state già discusse mozioni nei consigli comunali di Mondolfo, Fano (passata all’unanimità), Spinetoli (passata all’unanimità), Montegranaro, Jesi, Fabriano (passata all’unanimità), San Benedetto, Ascoli Piceno.

“C’è ancora molta strada per avere davvero un aborto moderno nelle Marche. Innanzitutto devono aggiornarsi gli altri ospedali che applicano ancora il vecchio protocollo. Ampliando lo sguardo, però, il futuro è di svincolare i farmaci dalla somministrazione in ospedale, come prevedono sia le linee di indirizzo nazionali sia l’Organizzazione mondiale della sanità. E qui l’Assessore alla sanità non può far finta di niente: servono atti amministrativi. Deve essere possibile ricevere i farmaci anche in consultorio e poter abortire a domicilio, come già succede da molti anni in Francia e Inghilterra e come già hanno predisposto Lazio (fino a 7 settimane) ed Emilia Romagna (fino a 9). Gli ostacoli sono molti e sono legati all’inerzia della politica nel favorire questo processo, alla  mancanza di adeguamento delle strutture e pure alla mentalità della classe medica, che sembra faticare ad aggiornarsi sulle evidenze scientifiche, che pure ci sono” – dichiara la rete Pro-choice rica, che promette di non mollare la presa.

La prima occasione  per discuterne è il Consiglio regionale del 14 gennaio prossimo, in cui è all’ordine del giorno un’interpellanza a iniziativa dei Consiglieri Bora, Casini, Vitri, Ruggeri, Carancini, Cesetti, Mastrovincenzo e Mangialardi sul tema “Interruzione volontaria di gravidanza: per conoscere come la Giunta Regionale intende assicurare l’appropriatezza delle procedure e dare seguito all’aggiornamento delle linee di indirizzo ministeriali che prevedono il regime ambulatoriale con autosomministrazione del misoprostolo a domicilio”. Si può vedere in diretta streaming.

Per informazioni e contatti: prochoice.rica@gmail.com, Tiziana Antonucci, 347 578 2664